giovedì 4 novembre 2010

Haiti, come sopravvivere al colera : Parla un volontario di Terre des Hommes


Haiti, come sopravvivere al colera

Parla un volontario di Terre des Hommes

Gennaio 2010: la terra trema ad Haiti. Ottobre  2010: il colera miete vittime. In un quadro di povertà e degrado. Immaginate la piazza principale di una capitale invasa da un accampamento. La notte non una lampada alogena ma la luce fioca di qualche lume a petrolio a rischiarare l’interno delle tende. E la violenza, sulle donne e sui minori.
È Port-au-Prince, la capitale haitiana. Unico spiraglio, i volontari. Abbiamo parlato con uno di loro, Luca Guerneri, delegato di Terre des Hommes ad Haiti.

Colera e Haiti. L’ultimo bollettino conta 333 morti e 4.676 contagiati. In quali aree si è diffusa l’epidemia?È ristretta a due aree: Artibonite e la zona centrale. A Port-au-Prince si sono verificati contagi isolati di persone che avevano visitato le aree a rischio: non ci sono focolai nella capitale.

Il terremoto di qualche mese fa. A che punto è la ricostruzione?A un punto morto. Non si sa neanche dove spostare le macerie.

L’Oms ha dichiarato che non è ancora stato raggiunto il picco dell’epidemia. Qual è lo stato d’animo della popolazione?È abbastanza tranquillo chi vive nella propria casa. Più preoccupato chi vive nei campi che sono densamente popolati e versano in condizioni igieniche precarie. È stata condotta una campagna di sensibilizzazione con la trasmissione di spot da parte del governo che invitano a lavarsi le mani e a evitare frutti di mare e pesce.

Sono arrivati gli aiuti dei governi promessi all’indomani del terremoto?Della montagna di aiuti promessi pochi sono giunti a destinazione. Una delle cause è la mancanza di know-how istituzionale da parte delle autorità haitiane.

Cioè?I fondi dei governi esteri sono bloccati perché il governo di Haiti non ha ancora fornito gli standard con cui bisogna realizzare i progetti. Se tali risorse non saranno allocate entro il 31 dicembre, termine dell’anno amministrativo, i governi le ritireranno. Le cooperazioni hanno offerto ingenti somme che potrebbero essere allocate in settori strategici come la costruzione di ponti e strade.

Gli aiuti dei volontari riescono a essere efficaci?Le Ong stanno riuscendo a fare qualcosa in più. Hanno un apparato più elastico per gestire situazioni anomale ma si tratta di risorse molto più esigue rispetto a quelle stanziate dai governi.

Come vive il colera, l’haitiano?Sembrerà strano dall’Italia, ma ci sono dei problemi più pressanti per gli abitanti di Haiti come la mancanza di uno sbocco professionale per i giovani e la condizione di estrema povertà. La gente non pone il colera tra le sue priorità.

Quali potrebbero essere le conseguenze se fosse infettata anche la capitale Port-au-Prince?Nella capitale vive un terzo della popolazione, è altissima la densità di abitanti al metro quadro. In caso di contagio nella capitale dubito che sia possibile approntare adeguati centri di contenimento e disporre di sufficienti fluidi iniettabili e antibiotici necessari per contrastare la malattia.

Crede che una migliore profilassi igienica sia sufficiente a contrastare l’avanzare dell’epidemia?Penso di sì. Il colera non è una malattia subdola, ha uno sviluppo rapido ed è facile da contenere.

A volte, però il colera può essere causato dal cattivo funzionamento del sistema fognario.Il sistema fognario è inesistente. Solo nelle case di pochi fortunati, ci sono le latrine in fossa asettica. Ma si tratta di casi sparuti. Questa mancanza può favorire l’insorgenza non solo del colera ma di tutte le malattie a trasmissione oro-fecale.

C’è stato chi ha individuato la causa del colera, debellato 100 anni fa nell’isola, in un’unità di peacekeeper nepalesi dell’Onu perché le stesse nazioni unite hanno fatto analizzare i campioni degli scarichi della loro base.Non è stato confermato che questa sia la causa. Ritengo improbabile che le Nazioni Unite inviino soldati senza un precedente controllo medico accurato.

Che progetti realizzati o in cantiere da parte di Terre des hommes?Abbiamo edificato una clinica nella zona più povera di Port-au-Prince, riabilitato due orfanotrofi, rimesso in sesto una scuola e costruendo tre scuole ex novo.

Ci sono episodi di violenza?L’ordine pubblico viene gestito in malo modo. La gente è esasperata. Sono state segnalate situazioni di compravendita o affitto delle tende. A mettere in atto questa sorta di “pizzo” sono i cosiddetti capicampo legati a doppio filo con la malavita locale. Lo stato della violenza sessuale è allarmante, a pagarne le spese le donne ma anche i minori. Le Ong stanno mettendo in atto opere di protezione dell’infanzia. Tutto è reso difficile da una gestione dei campi schizofrenica: da un lato le Ong che cercano di tamponare i danni, dall’altro le gerarchie locali che mal sopportano una gestione esterna e ostacolano.

Qual è la situazione economica?Drammatica. Paradossalmente l’arrivo di una grande mole di operatori umanitari ha creato una situazione difficile per il mercato dei prezzi. L’ampio potere di spesa dei 14mila volontari giunti sul posto facilita la crescita dell’inflazione.
Maria Rosa Pavia da TGCOM del 3/11/2010
(articolo originale: http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/articolo494854.shtml)

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