Haiti e il Colera
trovare soluzioni positive partendo dalla situazione reale nell'isola
Il professor Renaud Piarroux, specialista di colera dell'ospedale di Marsiglia, ha dato la conferma di quanto si temeva da tempo: il vibrione all'origine dell'epidemia ad Haiti appartiene a un ceppo asiatico. Questo conferma i dubbi che a portare il colera siano stati i nepalesi del contingente ONU ad Haiti.
L'ONU smentisce ma ormai restano pochi dubbi...
Non sappiamo però come sia potuto accadere, se veramente i caschi blu nepalesi abbiano scaricato le loro feci nel fiume Artibonite, lungo le cui coste è iniziata ad Ottobre l'epidemia, oppure se la contaminazione sia avvenuta in altro modo, attraverso una misteriosa rete di cause e concause...
Quello che è certo è che la causa sta nella presenza sull'isola, dal terremoto del Gennaio 2010, di personale (ONU, ONG, giornalisti e volontari) proveniente da tutte le regioni del mondo. Haiti ha subito una improvvisa "globalizzazione" che ha portato aiuti ma l'ha anche esposta ai virus.
La situazione appare ancora più paradossale considerando che questo tipo di "invasione" doveva essere la soluzione e non il problema.
In più in questi 11 mesi dal terremoto la situazione non è cambiata di molto... più di un milione di persone vive ancora negli accampamenti, la ricostruzione non è ancora iniziata, i fondi promessi dai paesi donatori non sono ancora stati stanziati...
Insomma... Haiti viene trattata, in senso metaforico ma non troppo, come una vera e propria latrina, dove scaricare i propri sensi di colpa, attraverso le donazioni fatte in tutto il mondo, ma poi di fatto utilizzate per gestire un apparato gigantesco che porta ben pochi benefici agli haitiani, che continuano a doversi arrangiare da soli, così come hanno sempre fatto.
E proprio dallo spirito di adattamento e dalla buona volontà degli haitiani potrebbero venire le soluzioni migliori.
Per prima cosa c'è da incoraggiare e sostenere l'autogestione degli haitiani, perché sono loro i veri protagonisti del loro futuro. Questo si può fare favorendo la nascita di gruppi e cooperative di lavoro degli e per gli haitiani. Si può sostenere così anche l'economia di base e dare lavoro a tante famiglie. Inutile che vadano tanti volontari, delle più svariate ONG, ad assottigliare ancora di più le poche risorse disponibili. Servono invece insegnanti, persone che possano portare conoscenza, sviluppare progetti intelligenti, ecologici, pratici, solidali... E servono fondi da inviare direttamente a loro, agli haitiani!
Per quanto riguarda il Colera si può partire intanto da quello che si ha, ossia poco più che nulla.
L'educazione è un primo passo molto importante per la prevenzione.
Nell'ultimo mese sono state assassinati decine di "stregoni", accusati di aver trasmesso il colera con le loro arti magiche. Al di là di ogni credenza locale, che va comunque rispettata, quando non si manifesta in forma violenta, la migliore via è quella di affrontare ogni problema in modo positivo, partendo dall'idea che, se veramente vogliamo, possiamo essere più forti del colera e sconfiggerlo.
Questo si può fare affrontando le cause dell'epidemia.
Il colera si trasmette al 99% tramite l'acqua, o i cibi contaminati dall'acqua. In particolare i pesci e i molluschi.
Se il problema è nell'acqua la soluzione è sempre, e solo, nell'acqua!
Ci sono vari modi per depurare l'acqua dai batteri del Colera, e dagli altri agenti inquinanti.
Ci sono mezzi costosi, attraverso impianti di depurazione anche mobili. Questi impianti possono essere forniti solo dalle organizzazioni che dispongono di mezzi e soldi, e in situazioni collettive.
Ci sono mezzi più economici, come i kit per depurare l'acqua tramite i filtri. La fondazione italiana "Aiutare i bambini" si sta adoperando per la diffusione di questi filtri nela zona di Gonaives, nel nord di Haiti. I filtri costano 60 euro l'uno e possono filtrare fino a 1000 litri al giorno di acqua.
Un altro progetto, si può dire gratuito, è quello di SODIS (abbreviazione di Solar Water Disinfection) promosso dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità). E' un progetto che utilizza l'energia del sole, attraverso il semplice utilizzo di bottiglie in plastica PET (le normali bottiglie dell'acqua minerale).
Si mette l'acqua, eventualmente prima filtrata dai sedimenti, nella bottiglia, e la si lascia al sole per 6 ore o più (a secondo della latitudine e delle condizioni meteorologiche), preferibilmente poggiata su superfici metalliche come gli ondulati delle baracche. La doppia azione del calore e dei raggi UV-A del sole distrugge i batteri e i virus patogeni.
Possiamo ben affermare che ad ogni problema corrisponde una possibile soluzione... basta solo cercarla!
Italo Cassa
La Scuola di Pace - Roma
Progetto Emergenza Haiti
foto tratta da: http://www.sodis.ch/
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